Il pomeriggio del 14 giugno 25 si è tenuta al cohousing Base Gaia la seconda edizione del festival Liberabile. Un bell’articolo ci connette all’emozione di quel giorno in attesa della pubblicazione del materiale presentato che avverrà tra qualche tempo su Radura.
Chiusa dentro quella gabbia. Non una prigione vera, ma un luogo piccolo, fatto di attese e silenzi, dove il tempo sembra rallentare.
Intorno a me, altre farfalle: alcune grandi, altre minuscole, tutte diverse. Belle, con colori che brillano alla luce del sole; sembrano leggere, sicure, pronte a spiccare il volo.
Io invece ho le ali strette, sento il peso del mio essere vulnerabile e forse persino sbagliata.
Fuori dalla gabbia, la vita si muove: si sentono voci e racconti.
Persone che condividono storie vere di accoglienza, di trasformazione, di percorsi difficili ma pieni di significato.
Educatori, genitori, ragazzi, bambini raccontano di limiti che -accompagnati con cura- diventano risorse. Di fragilità che -se guardate con occhi nuovi- rivelano una forza nascosta.
Parole come rispetto e dignità si intrecciano nell’aria.
Io ascolto. Con il battito delle ali appena accennato, con quella parte fragile di me che non ho mai osato mostrare.
Continuo a pensare che nessuno potrebbe scegliere proprio me.
Perché non sono all’altezza… io che guardandomi vedo solo insicurezza, crepe e paure.
Poi, all’improvviso, succede… una mano si avvicina, calda e attenta.
Apre la gabbia. E sceglie me. Per un attimo penso che ci sia un errore…
Sono sollevata con cura, come qualcosa di prezioso. E in quel gesto c’è tutto: il rispetto, la fiducia, la possibilità… Quella mano mi dà il coraggio.
Ed io volo! Con le mie ali, con le mie risorse, con tutta la mia insicurezza, sì, ma anche con tutta la mia voglia di esserci!
Scopro che dentro di me c’era già la forza che credevo di non avere. Aspettava solo un segno, un gesto, un incoraggiamento, uno spazio sicuro da cui partire.
Una volta fuori, incontro le altre farfalle, quelle che credevo forti e sicure. Capisco che anche loro provano le stesse cose, anche loro si sono sentite inadatte, piccole, vulnerabili. Ma lì in mezzo a tutte, nessuna è fuori posto. Nessuna è di troppo.
Mi guardo intorno: c’è un mondo fatto di incontri sinceri, di mani che si stringono, di occhi che si cercano.
Ci sono musica, colori, sorrisi.
Ragazzi che suonano, che servono da mangiare con entusiasmo.
Ci sono educatori che camminano accanto ai ragazzi, non davanti né dietro.
Bambini che corrono. Adulti che si fermano a parlare.
E capisco.
Questo è il senso più profondo di LiberAbile:
Un luogo dove le persone non devono dimostrare nulla, se non la verità del loro cammino, fatto di fragilità e di trasformazione. Un luogo in cui si può essere delicati senza vergogna, vulnerabili senza paura.
E io?
Io ora volo.
Non perché sono diventata invincibile, ma perché ho capito che il volo vero non è perfetto, non è sicuro, non è facile. Il volo vero è scegliere di provarci, anche con le ali che tremano.
E io ci ho creduto.
Perché in quel gesto semplice, una mano che si tende, ho riscoperto la forza che era già dentro di me.








